Nasce a Cento il 17 marzo 1971; costretto dalla povertà (suo padre era un misero bracciante) lavora, ancora ragazzo, come manovale muratore e poi entra al servizio del marchese Plattis, il quale, scoprendo che il giovanotto è dotato di grandi mezzi vocali, lo presenta ad Alessandro Busi, docente al Liceo musicale di Bologna. Giuseppe riceve una buona educazione musicale, conseguendo, addirittura, anche per il vivo interessamento della pianista Elena Cuccoli (sua futura sposa) il diploma nel 1892. In questo stesso anno debutta, a Castelfranco Veneto, nel "Faust": palesa subito una voce duttile e possente, assai estesa, e dizione chiarissima ma difetta di qualità sceniche interpretativi. Lui stesso dichiarerà: "Confesso che quella sera (a Castelfranco Veneto) tenni il pubblico di buonumore. lo credo che mai il personaggio di Faust sia stato interpretato in modo più esilarante... Il mio maestro di scena, un mimo a riposo, mi aveva insegnato ad esprimermi con movenze così buffe che al "Permettereste a me, mia bella damigella", cui dovevo far seguire un cenno a Margherita per indicarle il cammino da seguire, fu tale l'esplosione d'ilarità che rimasi per un attimo sconcertato".
"I Cimeli che dicono ai posteri
l'arte incomparabile
del tenore
Giuseppe Borgatti
figlio della nostra terra
celebre in tutto il repertorio lirico
insuperato interprete di Wagner
sono raccolti nel Ridotto di questo Teatro
che la sua Cento gli ha dedicato."
XXVIII ottobre MCMXXXIII
A Milano il grande Centese trascorse la maggior parte della sua esistenza.
"La leggenda dell'aedo cieco è una tremenda realtà che tutti i Milanesi conoscono. Alto e diritto, col passo elastico dei giorni lontani, all'ora del crepuscolo Borgatti attraversa la galleria a braccetto di un amico o di un allievo, e si ferma sotto l'arco che dà in piazza della Scala, i neri occhiali volti un poco a sinistra. Lì, un poco a sinistra, una sera Tristano agonizzante all'ombra di un gran tiglio non vide più la bacchetta del direttore d'orchestra. E da quel momento divennero suoi quei due versi di Matilde Wesendonk: "La tua vita fu un giorno di creazione, la sera giunse e, con essa, la notte" (Eugenio Gara).
Morì nel 1950 a Reno di Lago Maggiore.
Si ringrazia il Prof. Guido Vancini che ha cortesemente fornito la documentazione utilizzata.